Dal 2003 Andrea Chiaravalle aveva cominciato a correre le ultramaratone, le gare sopra i 42 chilometri che richiedono molta resistenza fisica. Non sapeva che quella resistenza sarebbe stata messa a dura prova proprio nell’affetto più caro per la figlia Greta. A 8 anni alla bambina viene diagnosticato un tumore al cervello inoperabile.
Quando Greta è mancata ad Andrea è passata la voglia di fare ogni cosa ma poi, racconta: “Ho trovato quel disegno che aveva fatto a cinque anni, in cui ci sono io che corro in montagna. Lei mi vedeva così e quest’anno ho colorato di rosso il cuoricino che aveva messo in vetta”. E così ricomincia a correre. «Ho tenuto la corsa per il silenzio, perché ti mette in contatto con te stesso, con le cose importanti della vita. E corro perché lì la sento. E allora le dico: “Greta, corriamo insieme”». Ha così portato a termine 22 ultramaratone, l’ultima a sessant’anni l’Everest Trail Race, una gara solitaria di 170 km in 6 tappe con 26mila metri di dislivello.
“Dopo 100 km di corsa mi sono trovato davanti l’Everest e mi sono messo a piangere. Non era disperazione e nemmeno gioia, era perché avevo trovato quello che cercavo”. Camminare aveva però anche un altro scopo, raccogliere fondi per l’associazione Vidas che offre cure ed assistenza ai malati che non possono più guarire e la cui cura e sollecitudine aveva sperimentato durante la malattia di Greta. Le sue ultramaratone hanno anche contribuito all’apertura a Milano della Casa Sollievo Bimbi, il primo Hospice Pediatrico della Lombardia. Il desiderio di bene di Andrea non si è fermato lì. Una delle sue passioni è l’arte e la pittura. Dipinge motociclette, automobili, corpi umani, uomini in corsa e spaccati di quella natura che ha incontrato nel suo cammino devolvendo il compenso di alcuni suoi quadri a Onlus che aiutano la ricerca sul cancro…
Buon cammino Andrea!