Tratto dal blog Vite spericolate, di Massimo Pandolfi - 21/03/2011
E' difficile spiegare a chi non c'era cos'è successo sabato scorso a Salò, in provincia di Brescia. E' difficile spiegare, a chi non c'era, un fatto. Si rischia di cadere in mille intricati e complicati ragionamenti che scivolano nella retorica e nel pietismo. Io ci provo, sapendo di correre questo rischio. Sabato a Salò, con il nostro club L'inguaribile voglia di vivere, abbiamo dato una dimostrazione vivente, carnale, reale, di chi sono, di che cosa cercano e di che cosa hanno bisogno le persone malate e disabili. Davanti a centinaia di persone che hanno riempito il cinema teatro Cristal della città lombarda, siamo saliti sul palco insieme a un gruppo di malati o disabili (Max, Gian Piero, Moira, Daniele, Mario, Paolo, Patrizia) e ad alcuni soci del club, medici o esperti del settore (Fulvio de Nigris, Giovanni Battista Guizzetti, Marco Maltoni, Mirella Marongiu, Antonio Palmieri). C'era anche la giornalista Marina Corradi che ha poi tirato le conclusioni. Non ci siamo messi a discutere dei massimi sistemi a Salò. Abbiamo testimoniato delle esperienze.
Quando Max Tresoldi, che per dieci anni veniva considerato un tronco morto in stato vegetativo, ha fatto praticamente vedere come quel giorno del 2001 si è fatto da solo il segno della croce, facendo gridare a un mezzo miracolo, e poi ha abbracciato la sua mamma, beh, ci è venuta a tutti la pelle d'oca. Tutti si sono messi in gioco. Per raccontare chi sono, non per chiedere allo Stato chissà cosa: questo arriva eventualmente in un secondo momento. Anche i 'sani' si sono messi in gioco, senza censure: Fulvio de Nigris ci ha raccontato come l'immenso e immisurabile dolore per la perdita di un figlio 15enne entrato in coma dopo un intervento chirurgico, abbia comunque consentito di trovare del bene anche da una situazione dove sembrava che ci fosse solo del male: perché come si fa, accidenti, a trovare del bene dalla morte di un figlio? Eppure la Casa dei Risvegli di Bologna è nata così, da un male, da un tremendo male, che ha fatto nascere anche del bene.Oppure Giovanni Battista Guizzetti, medico e primario del don Orione di Bergamo, un luogo dove da tanti anni, quotidianamente, incontra gli sguardi, i misteri di 24 persone in stato vegetativo, eppure da questi sguardi, da questi misteri, non finisce mai di riconoscere _ perché li tocca con mano, perché ne fa esperienza _ un'umanità irripetibile. E ancora Marco Maltoni, un altro medico, che secondo i criteri utilitaristici della medicina, dovrebbe essere quotidianamente un medico sconfitto. Maltoni dirige due hospice in Romagna e gli hospice sono quelle unità di cure palliative dove nel 99% dei casi i malati terminali vanno a morire. Eppure Maltoni ci ha spiegato come nel rapporto con loro, e con i loro familiari, può sempre nascere un qualcosa di più grande, che non consente la guarigione, certo, ma dà vita ai giorni. E dimostra come la cura di una persona è sempre possibile, anche quando l'esistenza è agli sgoccioli.Mario Melazzini, il presidente onorario del nostro club L'inguaribile voglia di vivere, ci ha dato un po' la nuova missione per proseguire nel nostro cammino: queste cose qui non dobbiamo tenercele fra noi, ma col sorriso fra le labbra vanno portate fra la gente, in famiglia, nei luoghi di lavoro, dove stiamo abitualmente, dove ci conduce l'esistenza. Quelle due eccezionali ore di Salò _ che poi sono la vita quotidiana di migliaia di migliaia di persone in Italia _ non vanno perse per strada: vanno testimoniate. Presto sarà anche a disposizione un dvd dell'incontro (lo promuoveremo nel sito www.inguaribilevogliadivivere.it). Chi non c'era, lo guardi. E provi a guardarlo come un bambino, cioè senza attese, pretese, pregiudizi. Sono certo che non troverà rassegnazione, ma neanche pietismo; troverà serenità e felicità, perché le persone malate e disabili possono essere serene e felici. Troverà una piccola grande città della gioia. Ecco, è proprio questa la rivoluzione culturale che il club L'inguaribile voglia di vivere vuole portare avanti.