«I cristiani sono NEL mondo, ma non sono DEL mondo». Così amava ripetere Maria Ausilia Croce da Cavagnolo, socia onoraria del Club L'inguaribile voglia di vivere, malata di Sla.
Ci ha lasciati da poche ore. Era nel mondo, ma non era del mondo: ora è tornata dal suo legittimo "proprietario", lasciandoci tutti addolorati...
Un abbraccio a suo marito Paolo, ai figli e ai parenti tutti. Un ricordo e una certezza: la sua malattia, la sua sofferenza, non sono state inutili.
Il presidente del club
Massimo Pandolfi
Qui di seguito, un testo scritto da Maria Ausilia Croce e letto nell'inverno del 2008 a Cavagnolo (Torino), in occasione della presentazione del libro L'inguaribile voglia di vivere.
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Per prima cosa ringrazio tutti: l'autore Massimo Pandolfi, che ha voluto inserire nel libro la mia esperienza; il grande dott. Melazzini, noi lo chiamiamo superMario perché, come Presidente Aisla, ha ottenuto grandi risultati per noi malati, ed anche in questi giorni sono stati emessi due importantissimi provvedimenti ministeriali sui Livelli Essenziali di Assistenza e l'aggiornamento del nomenclatore tariffario degli ausili; poi tutti i relatori, che gentilmente hanno dato la loro disponibilità. Con alcuni ho rapporti più stretti, come la dott.ssa Cerutti, il dott. Calvo e il dott. Geda; altri, come il prof. Pinessi e il dott. Milocco, li incontro oggi per la prima volta, l'assessora Eleonora Artesio, il Sindaco Franco Sampò, le persone che hanno permesso la realizzazione di questo evento, Romano Tormena e il dott. Tristano Orlando, e Franco Urban che ha letto con maestria. Lui e il sindaco per me restano Franco e Franco, i ragazzi dell'oratorio. Un grazie enorme a tutti i presenti per la dimostrazione d'affetto che mi state regalando.
Scusate, ma oggi non posso non ricordare un mio grande amico che non c'è più: Camillo Colapinto, un avvocato pugliese col quale ho intrattenuto sei anni di intensa corrispondenza, pur non essendoci mai visti. Proprio due anni fa, in queste ore leggevo una sua mail che mi prendeva scherzosamente in giro quando è arrivata la telefonata che ci comunicava che la sua vita si era spenta nella notte.
La malattia è ormai una compagna di vita di tredici lunghi anni. Considerando che la sla ti porta via in molto meno tempo, posso considerarmi, tra virgolette, fortunata. Con questo non dico di accettare la malattia, proprio no. La subisco e cerco di trovare quelle risorse che hai dentro, che abbiamo tutti dentro, ma non ne siamo consapevoli fino a quando non ci troviamo spalle al muro.
Io ho incominciato a fermare i passanti per chiedere di aprirmi la portiera della macchina o abbassare il freno a mano o liberare il bloccasterzo, passando per l'imbranata di turno, o chiedere all'autista del pullman di farmi salire perché di colpo le gambe non rispondevano più. Io, col mio carattere autonomo e indipendente, ho dovuto imparare a chiedere, chiedere e chiedere fino a dipendere totalmente dagli altri. I gesti più banali, come cacciare una mosca, grattarti un orecchio, sfogliare un giornale o girare le pagine di un libro, non ti appartengono più, dipendono da altri.
Quando ci si sente impotente di fronte alla malattia o ad un grande dolore viene spontaneo chiedersi: ''ma perché a me?".
Io sono particolarmente affezionata ad uno scritto: La lettera a Diogneto, uno scritto cristiano del II secolo, di autore anonimo e proveniente dall'Asia minore, che cita: «I cristiani non si differenziano dal resto degli uomini né per territorio, né per lingua, né per consuetudine di vita.»
Più avanti dice ancora: «i cristiani sono ''nel'' mondo ma non sono ''del'' mondo». Questa insistenza nel ribadire l'uguaglianza con ogni uomo di questa terra vuol dire ribaltare la domanda: ''già, e perché non a me?'', cosa ho di diverso dai miei compagni di malattia Luca, Sebastiano, Mirna, Angela, Francesco, Piergiorgio, Mario? Nulla, quindi tutti insieme ci stringiamo virtualmente la mano e camminiamo insieme.
Se mi guardo indietro vedo quanto la vita mi ha dato. Sono stata una bambina molto amata: al mio papà, fino ai suoi ultimi giorni della sua vita, venivano le lacrime agli occhi solo a guardarmi. Da ragazza ho stretto amicizie vere che durano ancora oggi, ho sposato una persona con la quale ho condiviso tutto e che oggi è ancora accanto a me con dolcezza. Abbiamo costruito una famiglia che ci ha dato e ci dà molto, ho visto le mie figlie crescere e diventare donne in grado di camminare con le loro gambe. Da tre anni ho accanto un'assistente, Fimuza, che si prende cura di me con pazienza e amore: non avrei potuto trovare persona migliore. Questi sono doni importanti. Poi i sacrifici, le rinunce, le amarezze, i momenti difficili e faticosi passano in secondo piano, non li vedi più. La malattia cambia la prospettiva della vita e scopri il bene che ti è stato dato, ma scopri anche l'affetto inaspettato di molte persone e basta guardarsi negli occhi per dirsi tutto quello che c'è nel cuore.
La lentezza, ripeto, assolutamente non comune, della mia "bestia trionfante" ha permesso che ci si adattasse ai cambiamenti con meno ansia e a prendere in anticipo le decisioni necessarie per evitare, per quanto è possibile, l'emergenza: anche gli interventi di novembre erano stati programmati. Insomma, per il momento ho vinto io!
Naturalmente in questo percorso sono stata accompagnata, oltre che dalla famiglia, dal dott. Gabriele Mora che mi segue da anni e che oggi non ha potuto essere qui. La dott.ssa Cerutti, quante chiacchierate a Veruno! Poi i miei riferimenti qui: il dott. Calvo e il prof. Adriano Chiò, il dott. Zerbini, il dott. Geda e la dott.ssa Biolino. Ogni tanto mi rifugio da superMario. La Asl, a cominciare dal dott. Valenza, ha dimostrato grande disponibilità: posso dire di aver trovato quasi sempre porte aperte. Questo senso di protezione è un grande supporto per migliorare la qualità della vita, ma fondamentale è l' affetto e i legami profondi che si stabiliscono, che vanno aldilà del formale rapporto medico paziente.
Tutto questo non mi impedisce di avere momenti di rabbia e di pianto, soprattutto quando penso che la bestia, oltre ad imprigionare me, imprigiona tutta la mia famiglia: Paolo non può più svolgere il servizio diaconale che vorrebbe e potrebbe fare, le mie figlie si trovano a condizionare anche i loro compagni di vita che amo come figli e ringrazio per la loro grande pazienza! No, non era proprio questo che volevo per loro! Poi basta un sorriso, un bacio, la richiesta di un consiglio e tutto torna come prima, cancellata la tristezza!
La mia voglia di vivere non è mai venuta meno perché non ho mai pensato a me come ammalata. Tanti anni fa, Angelo, un malato di sclerosi multipla, mi disse: «tutti hanno delle difficoltà, alcune si portano dentro e non sono visibili, le nostre invece sono visibili, e allora? Che differenza fa?».
Il mondo della disabilità o dei diversamente abili, come si dice oggi, è un mondo di una ricchezza infinita, di affetto sincero, di grinta da vendere, di una tenacia e di una volontà di ferro. Non abbiate timori o paure, noi abbiamo solo bisogno di essere amati come persone, non siamo diversi da voi.
Con tanto affetto per tutti, vi abbraccio tutti.
Ausilia