La paura del buio di Maurizio Galimberti è la ferita lasciata dagli anni passati in orfanatrofio. La passione per la fotografia non poteva perciò che passare attraverso l’utilizzo di una Polaroid, l’unica macchina fotografica che non necessitava della camera oscura per lo sviluppo delle fotografie. La vita, vista da bambino attraverso le inferriate delle finestre dell’istituto era spezzata in tanti piccoli quadretti.
Questo ricordo ha fatto interpretare dal fotografo la realtà con raffiche di scatti in tutte le angolazioni trasformandola in mosaici fotografici. I suoi ritratti a personaggi famosi come Johnny Deep portano alla fama la sua tecnica, un collage scomposto quasi un rimando al movimento dadaista francese di Dushamp. Spesso un profilo del volto sfuma da un’inquadratura all’altra perché come dice Galimberti: “La realtà è imperfetta, come potrebbe non esserlo anche la fotografia?” Chi meglio di lui poteva, in una mostra fotografica, portare alla luce i volti delle persone affette da sclerosi multipla con le mille sfaccettature della malattia, della paura e della speranza? “Questo per me -ha detto- è stato uno dei progetti più sfidanti ed emotivamente coinvolgenti. La prima cosa da raccontare è l'uomo con la sua vita, la sua sofferenza… È attraverso le esperienze di chi ha già ricevuto una diagnosi da tempo che i nuovi diagnosticati possono capire quali sono le diverse opportunità disponibili. Perché la sclerosi multipla è solo l’inizio di un nuovo capitolo e non la fine della storia”. Evviva la fotografia imperfetta!