Vanessa Vettorello è una fotografa ritrattista che durante gli studi universitari in Psicologia ha scoperto la passione per la fotografia. Il suo progetto Fixing you prende le mosse dal libro con lo stesso titolo scritto anni fa dalla neurobiologa statunitense Susan R. Barry che racconta la sua vita in 3D subito dopo l’operazione che ha subito all’età di 5 anni per correggere lo strabismo. Anche Vanessa è stata affetta dallo stesso disturbo visivo.
“Da bambina - racconta - vedevo doppio e non avevo profondità di campo, per me ogni cosa era piatta e raddoppiata e non capivo quale fosse quella giusta. Alle elementari stavo in un mio mondo, ero sempre distratta e molto agitata e cadevo spesso, tanto che mi sono rotta tutta. Avevo sempre bisogno degli occhiali, che mi raddrizzavano la vista. Poi a 12 anni sono stata operata e ricordo perfettamente quando mi hanno tolto le bende: allo specchio ho visto una sola Vanessa. Non vedevo più la doppia me e da quel momento la mia vita è cambiata. Mi sono sentita più sicura, ho iniziato a fare sport e mi sono collegata con la realtà. Ho lasciato il mondo degli animaletti colorati che fino a quel giorno mi aveva tenuto compagnia”. Con il passare degli anni le è tornato il desiderio di tornare a vedere con occhi nuovi quel mondo che aveva percorso con uno sguardo “strano”. Ha letto libri, si è informata, ha cercato persone che la aiutassero ad andare a fondo al problema dello strabismo come l’ortottista Marisa Merlone e il professor Nucci,un luminare della chirurgia ottica per lo strabismo. “Ho deciso di raccontare lo strabismo –dice- perché se ne parla poco e soprattutto si parla poco di prevenzione.
Ci sono i mezzi per capirlo anche in un neonato e anche se è latente i genitori devono sapere che non è un problema estetico ma funzionale”. Con la fotografia, utilizzando delle doppie esposizioni, unendo la tecnica alla sua storia e alle sensazioni che ha provato negli anni Vanessa guarda con gli occhi del cuore tracciando una strada aperta alla speranza che lo strabismo non sia vissuto più come un tabù.