Queste sono le parole di Matteo Betti campione paralimpico di scherma soprannominato il “senatore delle Paralimpiadi”. Nella sua vita di schermitore di medaglie ne ha vinte tante ma quella più importante la vince ogni giorno nel suo impegno a 360 gradi a fianco del mondo della disabilità, sportiva e non. Nel 1985 al momento della nascita un’emorragia cerebrale gli causa un’emiparesi destra.
A 6 anni per la prima volta mette il piede su di una pedana. Lo sport che all’inizio è solo un trattamento riabilitativo si rivela ben presto la sua grande passione. Ha passato trent’anni della sua vita tra colpi di spada e di fioretto con impegno e tenacia, le stesse qualità che cerca di trasmettere con la sua presenza nelle scuole incoraggiando i giovani diversamente abili ad uscire di casa per andare ad allenarsi. In questi incontri Matteo parla pochissimo di lui, presenta invece tutti gli sport che i ragazzi conoscono, in versione paralimpica.“Funziona benissimo il nuoto – racconta – poi il c’è il calcio per non vedenti, lo sci che cattura sempre tanta attenzione per le velocità impossibili che vengono raggiunte, l’atletica leggera e, ovviamente, la scherma”.
Un anno fa ha pubblicato un libro “Un tiro mancino. Matteo Betti. Storia del campione di scherma paralimpica” scritto dalla giornalista Giovanna Romano per raccontare la storia di uno sportivo di successo e raccogliere fondi da investire a favore delle società paralimpiche senesi ma soprattutto per ricordare – come dice Matteo- che “La disabilità non è, e non può essere, la caratteristica principale con cui viene giudicata una persona. Certo importantissimo è il sostegno famigliare. Come professionisti siamo vincolati a trasferte e ritmi che sono difficili da affrontare e senza il sostegno della famiglia sarebbe quasi impossibile”.
L’obiettivo principale, adesso, è Parigi 2024 e tutta la sua famiglia tifa per lui.