L'ex dirigente della sanità lombarda dovrà versare 175mila euro alla Regione Lombardia, che a sua volta li versò al padre della donna, Beppino Englaro, costretto a portare in Friuli sua figlia per ottenere l'interruzione del trattamento che garantiva lo stato vegetativo perchè in Lombardia non facevano morire Eluana. Lo ha deciso la Corte dei Conti. 
Questa è la notizia, secca, uscita qualche settimana fa e allora ci tocca tornare a quei tormentati giorni di 15 anni fa, 2009, quando le nostre coscienze si spaccarono su una complicatissima vicenda. Se ne dissero tante, troppe.

A leggere gli articoli dei giorni scorsi, verrebbe da pensare che sì, in fondo la Corte dei Conti ha fatto bene. L'ex dirigente della sanità lombarda era un uomo senza cuore, bisognava dar retta al papà di Eluana che non voleva far più vivere nel mistero sua figlia, anche perché sua figlia gli aveva detto, quando era ancora sana, che mai e poi mai avrebbe voluta vivere così. Sia fatta la sua volontà, dunque..
Ma qui la storia è ben diversa, cari amici. Ci furono, ci sono mille sfaccettature decisive.

Una a caso: qui si condanna un dirigente che aveva semplicemente detto che non si può far morire di sete e di fame una ragazza, Eluana appunto, che non era attaccata a macchine particolari. Viveva in un mistero, nessuno saprà mai se capiva qualcosa, molto o nulla. Ogni tanto piangeva. E comunque era agitatissima quando l'hanno trasportata in Friuli in ambulanza, a morire. Si prendevano cura di lei delle povere e dolci suorine.

La portavano a passeggio con la carrozzina, la sua camera era piena di musica e pupazzi.  
Non si è staccata la spina per Eluana. Si decise di farla morire togliendole l'acqua e il cibo. In nome della legge. Ma che legge è questa?

di Massimo Pandolfi

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