Noi raccontiamo spesso della rinascita della speranza attraverso il dolore, il limite e la malattia. Ci ha però colpito la testimonianza di questa amica che facendo la guida ad una mostra del meeting di Rimini ha potuto dire : “Io sono il riverbero della bellezza che ho ricevuto, della speranza che mi è stata testimoniata”. Davvero, qualunque sia la situazione che noi viviamo, siamo fatti di speranza, di attesa aperta all’Infinito e la presenza di Cristo che offre se stesso come strada ci permette di giungere al compimento del desiderio di cui siamo fatti.

Testimonianza di Lucia Spezzibottiani:

Un giorno, mentre mi trovavo in università, alcuni ragazzi del corso di lettere moderne sono venuti da me e da altri amici del primo anno a farci una proposta: partecipare al Meeting di Rimini come volontari e fare da guide ad una mostra che avevano curato loro insieme a dei professori della Cattolica. Non ho potuto far altro che dire di sì: avevo già lavorato al Meeting in passato, ed era stata occasione di scoperta e di bellezza. In più, l’oggetto della mostra era Pär Lagerkvist, un autore e poeta svedese vissuto nel Novecento, e questo corrispondeva alla mia grande passione per la letteratura. Così durante le vacanze al mare con la mia famiglia ho iniziato a studiare il percorso in cui si strutturava la mostra, leggendo le poesie di Lagerkvist e il suo romanzo Barabba.

Mi sono imbattuta in un uomo con un insaziabile desiderio che lui stesso definisce infinito, un uomo che era un «vulcano di esigenza di significato», scrive Luigi Giussani nelle Mie letture; un uomo che per tutta la sua vita, pur rimanendo ateo fino alla fine, ha lottato nella ricerca di una risposta, di qualcuno che ascoltasse il suo grido. In una delle sue ultime poesie domanda “Chi sei tu che colmi il mio cuore della tua assenza?”. Quando poi è arrivato il momento di esporre tutto questo ai visitatori del Meeting, inizialmente mi sono sentita inadeguata e non all’altezza: avevo paura, spiegando, di non riuscire ad esprimere quello che Lagerkvist scriveva nei suoi testi, e temevo di ridurre la portata di quegli interrogativi così profondi. Spiegazione dopo spiegazione, però, sono diventata più brava, al punto che molti degli ascoltatori venivano a farmi i complimenti. Subito mi compiacevo, pensavo “che brava che sono, sono proprio una grande!”.

Un giorno una ragazza è venuta a chiedermi se potessi spiegarle io la mostra, perché aveva intercettato alcune mie parole ed era rimasta colpita. Davanti a lei la tentazione era sempre quella di insuperbirmi. Invece, un attimo dopo ho provato una grande gratitudine, perché ho preso coscienza di una cosa, quasi come una folgorazione: tutta la mia passione, tutta la mia sensibilità, perfino la mia capacità nel parlare, sono frutto di un dono che ho ricevuto. Sono frutto di una storia che mi ha plasmata, che mi ha allargato il cuore, che mi ha resa come sono! Altro che autocompiacimento: mi sono accorta come non mai che quello che io sono è frutto di tutti gli incontri che ho fatto, dal mio professore di italiano al mio amico don Andrea. Io posso essere una ricchezza per gli altri solo perché un Altro mi ha coinvolto gratuitamente in qualcosa di grande nella mia vita, facendomi cambiare.

Io sono il riverbero della bellezza che ho ricevuto, della speranza che mi è stata testimoniata. Quanto mi sono sentita più libera poi! Quanto è più bello vivere nella gratitudine, piuttosto che vivere affermando solo sé stessi! Questa è stata la scoperta più grande che ho fatto lavorando come volontaria guida al Meeting di Rimini.

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