Borel, 15 anni fa, era un ragazzino africano, del Camerun: una tubercolosi ossea che gli lese la colonna vertebrale gli impediva di camminare. Strisciava a terra, come un neonato. La sua famiglia si vergognava a portarlo fuori di casa, perché in quel Paese la tradizione ti imponeva o quasi di nascondere i disabili. Questa storia di Borel prigioniero in casa sua è durata per tanti anni.
Poi si è accesa una luce, grazie a un incontro.

Un connazionale di Borel, Francis Sietchiping Nzepa, un medico che poi ha fatto fortuna in Europa, ha deciso di prendersi cura di lui. Francis, il dottor Francis, ha conosciuto il Club, che gli ha dato una mano, e insieme a lui (12 anni fa) siamo riusciti a compiere un piccolo grande miracolo. E cioè: Borel è venuto in Italia, è stato operato e dal 2015 cammina, si è costruito una sua vita. Grazie a Francis, grazie al Club, grazie a dei medici sensibili e ai titolari di Villa Maria a Cotignola di Ravenna. 
Quello di Borel è uno dei progetti più belli che abbiamo realizzato, ma quello che continua ad accadere a distanza di tanto tempo è qualcosa di ancora più bello.

Osiamo definirlo straordinario. Il dottor Francis è diventato un amico di tanti di noi e appena 'scappa' dalla sua clinica di Parigi, dove è primario di gastrointerologia, viene a fare un saluto agli amici romagnoli del Club. In primis a Claudia Sbaragli, la nostra consigliera che si mise in gioco e costruì con lui la rinascita di Borel. Quanti frutti da questa storia! Pensate che la scorsa estate il dottore camerunense si è sposato in Francia: sua mamma è morta, qualcuno doveva portarlo all'altare e allora ha scelto, ha voluto Claudia, la nostra Claudia Sbaragli, al suo fianco. L'ha portato lei fino all'altare, per consegnarlo a Nathalie, sua moglie. Claudia è diventata per Francis la sua nuova mamma. Straordinario.

Un paio di settimane fa, a cena con Francis, ci siamo commossi a ricordare ciò che abbiamo fatto per Borel e ancora di più cosa abbiamo costruito fra di noi.
Va detta una cosa: di Borel non abbiamo notizie fresche, perché la vita è fatta così, a un certo punto c'è anche ci si allontana e guai giudicare. Anzi. L'importante è che il ragazzo si sia costruito una strada e un futuro; ci interessava quello, lasciamolo correre, ora che può, per la sua strada.
“Aiuta e dimentica” ci ha detto col sorriso il dottor Francis. E' una frase che pronunciava sempre la sua mamma naturale, ora è diventato il suo motto.
Aiuta e dimentica, sì. Ci sta. 
Quello di cui non ci si deve dimenticare sono le persone che insieme a te hanno avuto la volontà di aiutare. E noi non dimentichiamo. Claudia e Francis non dimenticano

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