La Toscana ha voluto fare la prima della classe. E ha approvato una sua legge regionale per sostenere il suicidio assistito. L'Emilia-Romagna aveva bypassato il problema, evitandosi il confronto assembleare, con una delibera della giunta Bonaccini. Il quadro tra le Regioni è molto diversificato e incerto. In diverse è comunque arrivata la proposta di legge popolare cosiddetta "Cappato", dal suo principale propugnatore.
Al momento, nel circuito politico, il tutto sembra schematizzato in due sole argomentazioni: battaglia di civiltà e di dignità, dalla parte dei favorevoli all'eutanasia, e "non è di competenza regionale", la replica standard di chi - convinto o meno - non concorda. Ora, che non sia di competenza regionale, è lapalissiano. Non può esistere, su un tema così delicato, che esistano soluzioni diverse tra le Regioni. Tuttavia ci si chiede se chi dice di non concordare con i contenuti della proposta-Cappato (et similia) abbia altri argomenti di merito, a parte la tecnica dilatoria (legittima, sia ben chiaro) che punta sul fatto che a Roma, per ora, ci sarebbe una maggioranza teoricamente non pro eutanasia.
Il tema di fondo, pensando alla coscienza distratta o stanca di questo Paese, non è quali siano le competenze, ma quali siano la ragioni culturali, ideali ed educative per sostenere la vita umana e non considerarla, ad un certo punto e a certe condizioni, solo uno scarto da eliminare, aggravato da eventuale solitudine. Senza considerare poi la contraddizione in cui si troverebbe il sistema sanitario e i medici che giurano con Ippocrate: il cui scopo unico e fondamentale è la vita, la cura, non la morte. Ma ne siamo certi, il fine vita non resterà solo in Toscana, avanzerà e costringerà tutta la politica e tutti noi, prima o poi, a una scelta. O a qualche compromesso, oppure a una resa.
di Gianni Varani