Leggere questo libro è un’altalena di emozioni, quelle stesse emozioni che l’autrice Ada D’Adamo ci trasmette dalla prima all’ultima pagina; una sorta di diario in cui racconta la sua vita di donna, di mamma di una figlia “speciale”: Daria, gravemente disabile, nata con una rara malformazione cerebrale. E poi la sua lotta personale contro un tumore al quarto stadio che non le lascerà scampo (il libro ha vinto il Premio Strega postumo, Ada è morta il primo aprile di quest’anno).
Nel racconto di Ada c’è certamente tanto dolore, anche rabbia e paura, non ci risparmia nulla, a volte sembra di ricevere un schiaffo in piena faccia, ma in mezzo a tutto questo emerge il grande amore per questa figlia così fragile e bisognosa di tutto e lei, Daria, dal mistero silenzioso in cui vive, riesce in qualche modo a trasmettere attimi di tenerezza, di gioia, anche solo con un sorriso, uno sguardo, una piccola conquista nel “comunicare” qualcosa.
Questa simbiosi tra madre e figlia è soprattutto un comunicare di corpi più che di parole, un linguaggio fatto di carezze, abbracci, sorrisi ed ecco che quando Ada scopre di essere malata ed il suo corpo inizia a deperire, diventa fragile, lei pensa che questo la allontanerà dalla figlia, non potendo più accudirla come prima, sarà invece questa doppia fragilità di corpi a renderle, se possibile, ancora più unite.
Come D’Aria è un libro che ci insegna ad amare la vita, a coglierne la bellezza anche quando non sembra possibile.
“Per lungo tempo ho pensato che la mia malattia fosse incompatibile con la tua, che i nostri corpi malati non potessero convivere e, soprattutto, che non potessero parlarsi. Invece ogni comunicazione continua a passare attraverso il corpo, anche se malato. Anzi, oso dire in virtù del suo essere malato”
“Desideravo la bellezza e l’ho avuta: ho avuto te.”
di Maria Grazia Campagnani