Gessica e Achille. Forse non si conoscono neppure fra loro, ma che importa? Li uniamo noi: sono i nostri campioni della vita.
Gessica Notaro ha 33 anni, Achille Polonara 32.
Lei la conosciamo tutti per una storiaccia maledetta: anni fa fu aggredita e sfigurata con l'acido dal suo ex. Ma Gessica è una straordinaria donna coraggio: da showgirl è diventata la testimone vivente di forza, tenacia, capacità di affrontare la vita così com'è, senza piangersi addosso. Ha lottato, sofferto le pene dell'inferno, ma nelle settimane scorse ha detto: 'Presto potrò essere operata all'occhio sinistro. Ritroverò la vista anche da lì. Mi sento miracolata’.
Una notizia meravigliosa.
Come è una 'bomba' quella che ci ha regalato, che si è regalato, quel lungaccione anconetano di 205 centimetri che gioca a pallacanestro nella Virtus Bologna e che si chiama Achille, Achille Polonara. A inizio ottobre, un sabato prima della partita, gli dissero che aveva un tumore al testicolo e che doveva essere subito operato. Il giorno dopo è andato a vedere e salutare i compagni, il lunedì è entrato in ospedale, il martedì è finito sotto i ferri. Ansia, paura, il dopo con chemioterapia e con i capelli che cadono. Eppure il mitico Achille neanche due mesi dopo, era di nuovo lì, sul parquet, a sfidare Varese e quando il coach lo ha mandato in campo ha commosso tutti e il palasport è esploso nel momento in cui ha inventato pure la 'bomba', cioè il tiro da tre, che ha scaraventato nel canestro non solo il pallone ma anche sessanta, maledettissimi giorni di sofferenza.
Mitico Achille, mitica Gessica: siete i nostri campioni della vita. Abbiamo bisogno di raccontare esempi così.
Si chiama imprevisto tutto ciò che ti piomba addosso senza chiederti il permesso, senza vedere se sei pronta o meno per portarne il peso...e gli imprevisti, purtroppo, capitano a tutti, nessuno escluso....la differenza è come li accogli, li vivi e da essi ti fai trasformare. Noi siamo ed eravamo una famiglia normale come tante, piena di impegni e priorità mondane quando tutto pronto per partire per il mare, improvvisamente alla nostra terzogenita Chiara da un banalissimo male al collo del piede ci giunge una diagnosi per noi impensabile.
La dottoressa dopo 5 giorni di indagini su quel banale dolorino ci dice: "mamma , papà, vostra figlia ha la leucemia....e noi faremo di tutto per curarla"... credo sia inutile dire come ci siamo sentiti davanti a "quell'imprevisto" che non ci saremmo mai aspettati. La nostra vita cambia, si ribalta e la speranza si alimenta in modo solo umano, orizzontale....Dio non ci stava prima e men che meno ora perché se esiste un colpevole quello era di certo Lui.
Così ho iniziato a studiare di tutto pur di aiutare nostra figlia a lottare ma mai, mai, le ho detto di aggrapparsi a Dio .... A tre anni (l'età che aveva) l'ha fatto da sola, ha iniziato nella sofferenza un dialogo tutto suo con Gesù, con Maria che a me faceva quasi paura. Il tempo in ospedale è stato lungo e intenso e la cosa importante non è il dettaglio terapeutico o le sofferenze durante il cammino ma che il letto di Chiara è stato l'altare per la nostra salvezza senza che noi, io in particolare, lo sapessi. Piano piano, con una serie di incontri, da una crepa è entrata la luce nel cuore, è arrivato un incontro grande in un viaggio che abbiamo fatto a Medjugorje costretti dai tanti amici che per noi avevano offerto e la speranza che prima era solo orizzontale....piano piano ha fatto che lo sguardo si alzasse al cielo e le mani si unissero in preghiera mentre le gambe si mettevano in ginocchio non più da davanti ad un Dio cattivo ma ad un Padre che in quel dolore ci ha salvato.
Oggi Chiara ha undici anni ed è guarita, vive la sua vita come tutti ma in modo diverso allo stesso tempo e me ne accorgo dal modo in cui si raccoglie in preghiera...noi siamo una famiglia che ha cambiato le sue priorità e si è immersa nella speranza del cielo attraverso il rosario quotidiano che è diventato mezzo di unione e cammino con tante persone che il Signore mette sul nostro cammino.
di Simona Aresi
Tutti sappiamo quanto sia dolce, confortante e benefica una semplice carezza, come quella di quando eravamo bambini, come quella di quando nostra madre ci abbracciava e ci faceva sentire sicuri ed amati. Grazie a quel tocco passa il profumo “di famiglia” e il calore di una presenza. Ma per i piccoli prematuri all’interno delle incubatrici, quando la mamma è malata o li ha abbandonati manca l’abbraccio o l’essere cullati da chi vuol loro bene. La coccola di un adulto che si prenda cura di loro risulta fondamentale per l'equilibrio dei neonati.
E’ così che da parecchi anni in diverse città italiane sono nate associazioni di “Donatori di Coccole”. Dei gruppi di coccolatori fanno parte persone di ogni età ed estrazione sociale. Ci sono mamme che hanno vissuto l’esperienza del parto prenatale e conoscono quanto il supporto di un abbraccio sia prezioso per il recupero dei piccoli e altre che hanno perduto un’amica o una parente in un parto difficile e vogliono dare sostegno ai neonati rimasti soli. I donatori e le donatrici di coccole agiscono nel loro tempo libero, sono sempre disponibili, portano il sorriso in corsia. Lo imparano attraverso corsi tenuto da psicologi, medici ed educatori, che seguono dopo essere stati selezionati, con un colloquio che mette a fuoco quali sono i loro obiettivi e se sono adatti.
L’amore rende intelligenti e fantasiosi così una mamma americana ha inventato il Guanto Zaki. La dottoressa Yamile Jackson ha vissuto in prima persona l’allontanamento del suo piccolo Zach ricoverato dopo il parto per 155 giorni. Non poterlo accarezzare le sembrava impossibile così questa mamma ha imbottito un guanto da giardino, lo ha tenuto addosso per due notti perché assorbisse il suo odore e poi lo ha lasciato nella culla del bambino. Ora questo accorgimento, visti i benefici ottenuti, viene usato regolarmente nei reparti di terapia intensiva neonatale. Morbido e ampio può diventare la base su cui appoggiare il prematuro, lo copre come una coperta o diventa un appoggio per gli arti inferiori, qualcosa da abbracciare e che lo fa sentire protetto e sicuro come tra le braccia della mamma.
Per saperne di più: www.donatoridicoccole.it