Tredici anni fa, il primo luglio 2010, Laura Salafia stava uscendo con le amiche dall'Università di Catania per festeggiare il trenta e lode appena preso all'esame di Letteratura Spagnola.
Era serena, felice, non poteva neppure immaginare che una terribile maledizione stava per abbattersi su di lei. Maledizione sotto forma di un proiettile di arma da fuoco: Laura finì casualmente in mezzo a una sparatoria fra balordi e una pallottola le si conficcò nel collo, procurandole una gravissima lesione al midollo.
Da allora è tetraplegica, dal collo in giù non può muovere neppure un muscolo. Eppure è viva, combatte. si arrabbia, sorride: nel libro Innamorati della vita l'abbiamo ribattezzata la guerriera della vita e ormai Laura del Club l'inguaribile voglia di vivere è una autentica colonna.
Tredici anni dopo Laura, che di anni ne ha appena compiuti 47, è tornata all'università di Catania per una giornata davvero speciale: nell'aula magna di Santo Mazzarino del Monastero dei Benedettini, venerdì 9 giugno il rettore Francesco Priolo le ha conferito la laurea magistrale honoris causa in Filologia Moderna, il sogno della sua vita.
Applausi, commozione, lacrime, felicità: è stata una giornata davvero straordinaria, per tutti. L'Università, ma anche mezza Catania, si sono stretti attorno a Laura. Mentre il rettore le consegnava la pergamena di laurea, il Coro dell'università intonava l'Inno alla Gioia. C'erano docenti, ricercatori, studenti, gente comune, autorità, Lucy, la sorella di Laura, altri familiari e una tribù di amici, quelli che danno un senso e un sostegno alla quotidianità di questa donna coraggio.
L'abbiamo ribattezzata guerriera della vita. Per capire meglio chi è Laura e come affronta dal 2010 la sua grave disabilità è sufficiente leggere il passaggio di una sua testimonianza riportata in 'Innamorati della vita':
'Quando ero nel pieno del vivere ritenevo di poter fare tutto da me. Ora riscopro il senso della fragilità della vita, l'incapacità di poter agire da sola. Quando sono uscita per la prima volta in giardino, tanti anni fa, con mio papà, dieci mesi dopo la pallottola, ci siamo fermati insieme ad ammirare gli alberi e i fiori. Li annusavo tutti. Tante volte, presi dalla quotidianità e dalla frenesia, non ci rendiamo conto dello splendore che ci circonda. La natura, le persone, gli animali. Tutto. Allora mi sono detta e continuo a ripetermi ogni giorno, dopo tanti anni: pazienza se non posso più muovermi, io voglio continuare a godermela questa bellezza'.
Congratulazioni Laura, dottoressa Laura Salafia, guerriera della vita!
Miriam è morta dopo 31 anni di coma. Si era sposata da poco, quando la sorte ha stravolto la sua esistenza. Il marito le è stato accanto, fino all’ultimo respiro. E subito abbiamo pensato all’antica formula della promessa matrimoniale che pochi oramai reggono: nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia… Per sempre.
A me è tornato in mente un amico che oggi non è più con noi. Pose un quesito ad alcune centinaia di giovani, 42 anni fa, durante una vacanza: qual è l’amore più bello? E tutti a dare le proprie risposte dal sapore post ‘68. Lui diede la sua: quello che abbraccia e dura tutta la vita. Utopia, pensavamo già allora, giovani scettici. Ma lui c’incalzava. Non siamo padroni della nostra vita. Se ci ritrovassimo sciancati, distrutti, non più giovani, disabili, non vorremmo avere qualcuno al fianco? Il cuore, pur incapace di fedeltà, questo supplica: non lasciarmi morire solo. Sappiamo che con le nostre forze non reggiamo la promessa. E abbiamo deciso di non accusarci di questa incapacità. Eppure avvertiamo, come quell’antico amico, che il cuore della vita, l’Essere, anela a questa fedeltà. E’ una fedeltà che sfiora il paradiso, da supplicare. Sa di miracolo. Non lasciarmi solo, non abbandonarmi. Il marito di Miriam ha mantenuto la promessa. Se non è un eroe inimitabile, vorremmo chiedergli il suo segreto. Perché è il segreto dell’amore. E quindi dell’unica felicità possibile, nonostante la croce.
di Gianni Varani
Quando il “DRAGO” attacca tuo figlio e tu non ti consideri un papà “coraggio” ma un papà “fortunato” metti in campo tutto il tuo amore e la tua creatività. Così ha fatto Francesco Cannadoro.
Tommaso ha 9 anni e una grave disabilità degenerativa che nel tempo lo ha reso non vedente, disfagico e con un ritardo psicomotorio. Francesco ha sfruttato la sua passione per la scrittura e il desiderio di condividere le difficoltà nel muoversi nel mondo della disabilità per aprire una pagina Instagram “Diario di un padre fortunato”.
Racconta con sguardo nuovo, sensibile ma anche ironico la lotta quotidiana contro il “Drago”, come lui e la moglie Valentina hanno soprannominato la malattia che li accompagna attraverso le vicende difficili ma anche dolci e divertenti del quotidiano. Eccone uno splendido esempio. “Un figlio è il mare d’estate. Un figlio disabile è il mare d’inverno. Fa freddo, l’umidità ti entra nelle ossa e non ti puoi fare il bagno. Ma è pur sempre il mare. È li. Ti dice” io ci sono” ogni volta che un’onda s’infrange sugli scogli. E tu, ormai conscio che d’inverno lo scoglio non è esattamente il posto in cui stare a sentire cos’ha da dirti il mare, lo ascolti da una posizione diversa. Ma lo ascolti. Devi capire dove metterti per non bagnarti, ma non te lo perdi. E poi il mare d’inverno fa pensare, ti da il tempo di guardarlo bene, invece di nuotarci dentro, e percepire cose che d’estate, tra il frastuono e le nuotate, ti perdi. Si perdono tutti. Ma d’inverno è diverso. E la disabilità di un figlio è proprio questo: un punto di vista diverso dal quale guardare qualcosa d’immenso e, una volta scesi a patti con il proprio fegato, un’occasione per fare un viaggio dentro se stessi… di quelli che non c’è altro modo per farli. Di quelli che nonostante il freddo, l’umidità e l’acidità di stomaco, rifaresti altre mille volte, nonostante la brochure non fosse proprio invitante. Perché hai capito che la bellezza ci certe avventure sono le persone che le vivono con te. E allora ti metti lì, a due centimetri dal viso del tuo compagno di viaggio, vi sorridete a vicenda.. e partite di nuovo. Tanto, dovunque andiate, se siete insieme, sarà sempre CASA. E a casa, anche se fuori è inverno, il modo di scaldarti lo trovi sempre.”